Gli aquiloni dei kiters sono bellissimi da vedere, sul tramonto più famoso dell’Egeo. Quello di Mykonos. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con uno di loro. Ecco cosa ci ha raccontato.
Quattro chiacchiere con Alberto, esperto kiter
Per molto tempo Mykonos non era considerata meta dagli appassionati di kitesurf, che erano pochi e coraggiosi. Oggi le cose sono cambiate. E molto. Ne parliamo con Alberto (bloccato sul suo quad) kiter esperto, solitario e di poche parole.
Ciao Alberto, è da tanto che fai kitesurf?
Circa 8 anni
Com’è Mykonos?
Bella, ma come spot è abbastanza difficile.
Perché?
Per che il vento viene da una direzione che i kiter chiamano ‘on shore’ quindi perpendicolare alla spiaggia.
Sono delle condizioni per persone esperte.
Ci vai spesso?
Ultimamente una volta l’anno.
Fino a qualche anno fa il parere nell’ambiente era negativo. Ora esiste perfino il sito ufficiale. Cosa è cambiato?
Hanno creato delle strutture apposite, ma soprattutto la gente non è più spaventata dai kiters.
Quali sono i posti migliori per il kite a Mykonos?
Ftelia con vento forte da nord e Korkos con vento dai quadranti settentrionali
La prima spiaggia si trova sulla strada che dal vecchio porto va verso la città di Ano Mera. L’altro spot, Korfos, sta nelle vicinanze dell’aereoporto e a Sud-Ovest dell’isola.
E in Grecia?
Paros e Naxos
E nel mondo?
Brasile (nord est) Egitto, Mar Rosso
Quanto è importante la cornice naturale per questo sport?
Bè, meglio fare kite in un bel mare che in un brutto mare (direbbe Catalano).
Quanto quella “sociale”?
Molto
E a Mykonos c’è tutto. Qui dai mulini sulla piccola Venezia il panorama è mozzafiato. E i kiters fanno ormai parte del rito.
Il magnifico mare di Koufunissi
Un mare caraibico sulle spiagge selvagge di una delle isole meno battute delle Cicladi: Koufunissi. Venite a scoprirla con noi.
Non basta una vita per scoprire tutte le incredibili isole dell’arcipelago greco e soprattutto per conoscere il mare più bello. Se siete alla caccia di acque cristalline però dovete assolutamente passare per Koufunissi.
Koufonissia sono due isole delle Piccole Cicladi a sud est di Naxos e ad Ovest di Amorgos. Kato koufonisi, praticamente disabitata e Ano Koufonisi.
Pericolo invasione turistica
Fino a 20 anni fa era praticamente incontaminate. Ora sulla costa sud occidentale di Ano Koufonissi, nella piccola baia riparata dal Meltemi, attraccano i traghetti provenienti dal Pireo e da Naxos. Ma anche gli aliscafi da Santorini e Mykonos. Facilmente raggiungibili quindi anche con i i diretti stagionali.
Per molti puristi questa recente invasione turistica è tremendamente pericolosa. Ma possiamo assicurare che gli abitanti resistono bene alla tentazione della costruzione e soprattutto il mare rimane meraviglioso.
Tra luoghi frequentati e piscine naturali
A oriente della deliziosa e piccola Chora c’è una strada asfaltata che si arresta dopo pochi chilometri. Lungo il suo percorso si trovano le spiagge più frequentate, ultima delle quali Foinikas.
È possibile proseguire a piedi o meglio ancora in barca alla ricerca di ulteriori calette, quali Fanos e Italida, detta anche “platià Pounta”. Qui abbiamo già svelato il segreto delle sue famose “piscine naturali”.
Il paradiso di Poros
Se avete voglia però di scoprire un fascino davvero esotico e paradisiaco proseguite oltre, verso nord e puntate a Poros, un arenile meno frequentato per via dei venti, una mezza luna di trasparenza e solitudine. Una vera oasi tropicale.
Il cammino non è così faticoso, e se preferite la comodità, potete prendere un battello che parte ogni ora dalle spiagge più vicine al porto o anche un comodissimo bus. Ci sono anche due ristoranti (uno tradizionale e uno più turistico, dove però potrete mangiare il pesce, solita assurda rarità da queste parti…)
Un’esperienza unica da vivere sulla costa occidentale della Svezia. Il safari dell’astice e dei crostacei. Prima la pesca in mezzo al mare e all’arcipelago svedese, quindi un pranzo delizioso nella boathouse.
Siamo andati di persona a provare l’emozione di un safari del tutto particolare. Quello dell’astice e dei crostacei. Partiti da Grönemad, a Grebbestad, sulla costa occidentale a circa un’ora e mezza da Goteborg, su un mare che sembra una tavola blu, ci siamo diretti di buon’ora verso i bordi frastagliati dell’arcipelago di Fjällbacka, nel Bohuslän.
A bordo della piccolo peschereccio di lucido legno dei gentilissimi fratelli Lars e Per Karlsson, ci siamo avventurati in una battuta di pesca paziente e meticolosa. Abbiamo personalmente issato le nasse sparse nel canale.
Informazioni pratiche di pesca
L’apertura della pesca all’astice è avvenuta il 23 settembre. Noi abbiamo potuto godere di un clima eccezionale, fin troppo caldo, parola degli stessi svedesi. In pochi minuti eravamo già a pescare.
Abbiamo scoperto, grazie alle informazioni del nostro capitano pescatore, Per, che un astice può vivere fino a 80 anni, e che viene venduto circa 700 corone svedesi al mercato della zona (molto di più a Goteborg). Tra gli 80 e i 90 euro insomma.
Le femmine di astice (che qualcuno confonde con le aragoste) vengono rigettate in acqua, cosa regolarmente accaduta sotto i nostri occhi, per tutelarne la riproduzione. La femmina in questione era carica di uova.
Meno fortunati i maschi, che abbiamo raccolto e posizionato nelle ceste sul ponte. Insieme a grossi granchi (mentre quelli piccoli tornano in mare), che s’infilano nelle tradizionali trappole con l’esca per gli astici.
Ogni volta la nassa viene ripulita e ripreparata con le esche. E’ un lavoro di precisione e pazienza. Anche perché gli stessi astici vengono misurati e controllati. Nessuno qui può fare il furbo.
Incredibile la sicurezza del nostro ospite nel maneggiare i crostacei a mani nude. Io non avrei la stessa confidenza. Ci vuole poco a giocarsi un dito.
Un ottimo pranzo gustoso a base del nostro pescato sulla palafitta
Il viaggio è comunque affascinante e incredibilmente rilassante. Dopo qualche ora facciamo rotta verso casa. Per un pranzo a base di crostacei.
Everts Sjöbod, la “casa barca” che poggia su palafitte sembra quasi galleggiare sullo scintillio del mare svedese. Dentro è come essere nella pancia della balena di Pinocchio.
Calda, accogliente, oscillante. E’ un piacere mangiare qui. Un pranzo a base di crostacei freschissimi e frutti di mare, cucina tipica del luogo, in un’atmosfera unica. Con vista sul mare appena solcato.
A fine settembre sarà anche possibile pernottare in due rimesse delle barche direttamente sul mare e rilassarsi in tinozze all’aperto piene di acqua calda!
Vorrei tanto fermarmi qui a godermi questo angolo di paradiso nordico, ma devo già ripartire. Il #SafariSvezia ha ancora tante sorprese da farci scoprire. Seguiteci.
Sulle orme di Camilla Lackberg
Siamo andati alla scoperta dell’ambientazione dei gialli di Camilla Läckberg nel suo paese d’origine: Fjällbacka. Natura incontaminata, pesce squisito, pace e silenzio. E qualche mistero…
Non solo astici e crostacei dunque, nel nostro splendido giro della Svezia Occidentale. Da Göteborg in macchina (un’ora e mezzo circa) si raggiunge la deliziosa Fjällbacka. Un paesino che sembra un piccolo presepe sul mare del nord.
Attorno a Fjällbacka si trova un arcipelago mozzafiato di isole di rocce di granito, perfetto gite in barca, escursioni in kayak di mare e safari ai frutti di mare. Da qui si raggiungono le isole più occidentali della Svezia e la riserva naturale Väderöarna.
Fjällbacka: nel paese del giallo
Ma c’è un altro motivo che attira tanti curiosi viaggiatori amanti dei gialli in questo paesino. Proprio qui infatti si svolgono tutti i romanzi della scrittrice di gialli Camilla Läckberg. Fjällbacka è la sua città natale.
È qui che la Läckberg ha trascorso un’infanzia idilliaca tra le case di legno colorato, giocando su assolate scogliere e scrivendo avvincenti storie di crimine. Sembra strano pensare che un posto del genere sia teatro di storie oscure e investigative, tuttavia c’è un fascino di isolamento che non potrà sfuggire al visitatore più attento.
Esistono tour tematici sui luoghi dove si sono svolte molte delle scene della fiction (che stanno girando) o, molto più inebriante, andare a caccia dei luoghi dei libri girando da soli con una cartina e passeggiare nella zona di Backarna, dove vivono Erica Falck e Patrick Hedström, visitare la torre a Badholmen e continuare verso le gole di Kungsklyftan, rivivendo gli omicidi più efferati dei romanzi.
Già raggiungere la cima di Vetteberget che sovrasta il paese e che offre una strabiliante panoramica dell’arcipelago, potrebbe risultare una piccola avventura…
È da poco uscito in italiano l’ultima opera, Il bambino segreto. Si tratta del quinto episodio della serie, un successo di oltre 12 milioni di copie nel mondo e 700.000 vendute in Italia. Dal primo romanzo La principessa di ghiaccio, vincitore in Francia del Grand Prix de Littérature Policière, sarà ora realizzato anche un film per il cinema.
Una cena indimenticabile
La Läckberg non scrive solo romanzi polizieschi ma anche libri di cucina insieme al suo vecchio amico d’infanzia Christian Hellberg, capo chef presso l’ottimo ristorante di pesce Bryggan Fjällbacka che si affaccia sul mare. E dove ho avuto la fortuna di cenare.
Fuori il mare è una tavola lucida e luminosa, dentro l’atmosfera è accogliente e calda, i piatti sono ricercati e davvero indimenticabili.
Nel paese sono tutti vicini se non parenti, così dal ristorante ho bevuto un bicchiere nel pub accanto al ristorante per poi andare a dormire nell’affascinante Stora Hotellet Bryggan, la cornice ideale per comprendere questo percorso.
Ingrid Bergman sull’isola di Dannholmen
Fjällbacka ha anche un legame importante con la mitica attrice svedese Ingrid Bergman, che dal 1958 trascorreva le proprie vacanze sull’isola di Dannholmen, definendolo “il mio posto sulla terra”. Dopo la sua morte, nel 1982, le sue ceneri sono state sparse nelle acque intorno all’isola e nella piazza del paese che, in suo onore è stata rinominata piazza Ingrid Bergman, si erge una statua in sua memoria, con una epitaffio inequivocabile: “As time goes by”.
CNN Travel ha di recente stilato una lista delle “ultime 10 grandi aree di natura incontaminata al mondo ” e la costa della Svezia Occidentale è al settimo posto della lista. Non è difficile capire perché godendosi un tramonto in questo posto.
Stångehuvud: la Svezia che non ti aspetti
Il mare svedese non lo immagini così. Rocce rosa e tramonti di fuoco. Siamo nella riserva naturale di Stångehuvud, a Lysekil. Nella Svezia Occidentale.
Qualcuno potrebbe pensare che la Svezia sia cromaticamente ricca di colori autunnali e comunque non campionessa di tramonti sul mare. Errore. Ho avuto la fortuna di affacciarmi sulla costa proprio in questa stagione, e guardate che spettacolo.
Come abbiamo già avuto modo di scoprire, avventurandoci sulla costa occidentale, nel Bohuslän, a poche ore da Göteborg, La Svezia nasconde gioielli rari e preziosi. Fra questi c’è sicuramente Lysekil.
La riserva naturale di Stångehuvud
Un piccolo comune svedese di situato nella contea di Västra Götaland di cui è anche capoluogo. Il paese è semplice e pulito, ma alle sue spalle nasconde un vero angolo di paradiso selvatico. La riserva naturale di Stångehuvud.
Il mio blogtour #safarisvezia in solitaria, mi ha portato nell’albergo più suggestivo della zona: Strandflickorna, in una camera sul tetto con terrazzo, che ancora rimpiango. Già da qui si gode una panorama incredibile.
Incamminandosi verso nord, dopo una corta passeggiata fra rocce disposte come se fossero Moai, si arriva sulla parte settentrionale del fiordo Gullmarsfjord. Qui comincia la riserva.
Formazioni granitiche incredibili, a perdita d’occhio. Salendo sulle rocce, c’è anche un’insolita flora tipica del luogo e molti piccoli laghi che riflettono il cielo svedese.
Dall’altro lato il mare, e i tanti isolotti nello Stretto di Skagerrak che si sdraia sull’orizzonte, acceso dal sole caldo e bianco. Un silenzio ed una pace intorno da non voler più andar via.
Paesaggi e panorami incredibili
Essendo infatti così “vicino di casa” di tale e tanto spettacolo. Me lo sono goduto al tramonto e poi al mattino dopo, con una variazioni di luci superlativa. Ogni minuto un raggio di sole diverso.
Rosso fuoco, giallo intenso, rosa, azzurro, lilla, indaco. Quindi di nuovo bianco, argento, oro, blu. Profili nitidi, ombre lunghe e ricamate. Un poesia di ricami naturali, contorni di roccia, pennellate di nuvole, dove perfino le fotografie, in quanto artifici umani, diventano vagamente oziose.
Una notte romantica sul mare svedese tra Lysekil e Fiskebäckskil
Una serata romantica da incorniciare. Sulla costa occidentale svedese, in battello da Lysekil a Fiskebäckskil, per poi fare una cena squisita a Gullmarsstrand, sul mare luminoso del grande Nord. Lysekil mi è rimasta nel cuore, lo ammetto. Non solo quindi le rocce rosa della riserva naturale di Stångehuvud in quel di Lysekil, ma anche per una fiabesca fuga notturna a Fiskebäckskil.
Prendere il battello in tutta la Scandinavia è una cosa normale, lo so bene. Più o meno come i vaporetti a Venezia. I “pendolari” vanno avanti indietro, da un isolotto ad un fiordo, leggendosi un libro o chiacchierando come in metro.
Ma per chi non è così abituato, il fascino e la meraviglio di quei minuti sospesi su panorami del genere, soprattutto alla sera, con il crepuscolo che resta a colorare l’orizzonte, diventa un’esperienza fatata.
Direzione Fiskebäckskil tra emozioni leopardiane
Sono partito da Lysekil, direzione Fiskebäckskil, un minuscolo paesino di pescatori che sembra un piccolo plastico sul mare, mentre la notte scendeva placidamente silenziosa su tutto l’arcipelago.
Intorno a me le onde dolci di un mare blu che avvolge, e quasi protegge la solitudine del viaggiatore, con i suoi pensieri che scavalcano i confini del mondo geografico. La luce dei fari sullo zenit incorniciata dagli intensi colori del tramonto autunnale.
Il vero pericolo di certe emozioni leopardiane, quando sei completamento rapito dalla bellezza della natura, con una colonna sonora tutta tua, è che sbagli a scendere alla fermata giusta.
Per fortuna i gentilissimi marinai della nave, mi hanno ricordato che la mia meta era in effetti Gullmarsstrand, e mi hanno riportato a bordo per l’ultima tappa.
Anche il fisico però ne giova molto, soprattutto se posizionato al tavolo più bello, ti godi una cena squisita a base di astice, frutti di mare, pesce del luogo e strepitoso dessert.
Lasciare questo posto non è stato facile e non è difficile intuirlo. E il freddo cominciava a salutare l’inverno alle porte. Per fortuna il battello è ben coperto, pronto per la stagione più lunga.
Il mio #SafariSvezia non termina qui, rimane Göteborg, con il suo fascino, tutta da scoprire. Restate in scia allora. Följ oss!
Go to Göteborg
A Göteborg si conclude il mio indimenticabile viaggio nella Svezia occidentale. Ho troppi ricordi ed una sola certezza, un consiglio per i nostri lettori: venite qui per il Natale, ma anche prima o dopo. Göteborg è la seconda città più grande di Svezia, a Natale s’illumina come il resto del paese grazie a varie istallazioni, di cui molte ispirate al design contemporaneo svedese ed altre alla tradizione più antica. Ben 3 km lungo il “Viale della Luce” dal teatro dell’Opera al porto attraversando la città fino al grande parco di divertimento Liseberg con il suo famoso mercatino di Natale addobbato con milioni di luminarie.
In effetti io sono stato a Göteborg durante il mio #SafariSvezia, quindi durante il primo autunno, per la stagione della pesca di astici e frutti di mare. Ma posso immaginare il fascino di questa città di mare che ha una magia notturna del tutto particolare.
Un tappeto di luci
Se c’è una cosa che mi ha colpito passeggiando di notte per i viali alberati e lungo i canali che rispecchiano la quiete del paesaggio, è stata proprio l’abitudine dei cittadini di illuminare in qualche modo la propria presenza dietro ad ogni finestra. Una candela, un abat-jour, un faretto. Alzando gli occhi non potrai fare a meno di scoprire la vita dentro gli austeri edifici della città svedese.
E’ come se Göteborg non volesse mai lasciarti del tutto da solo, o farti sentire “trascurato”. Del resto le grandi finestre senza tende o persiane sono tipiche del Nord Europa. Una volta una mia amica berlinese mi fece notare, mentre mi lamentavo da uomo del sud perché il sole veniva a risvegliarci al mattino senza un velo a proteggerci: “Prova a fare un inverno intero qui, poi vediamo se metti gli scuri..”.
All’avventura
Tuttavia questa condivisione di luce e intimità, senza mai trascendere (notate bene) nel caos, è una delle cose che più amo delle terre nordiche. Il mio tour cittadino comunque è partito dal convulso First Hotel G, nella pancia della stazione centrale, uno degli hotel più grandi e moderni della città, con 300 camere ed il sontuoso Cristal Champagne Bar ispirato dallo zar Alessandro II.
Da una posizione così “ombelico” non resta che avventurarsi a piedi per le vie del centro. C’è il Food Market, quello dei fiori, la Fish Church (Feskekyrkan, la curiosissima “chiesa del pesce”) e le vecchie vie di Haga, il quartiere più antico, ora crocevia dello shopping.
Ovviamente Göteborg é ricchissima di grandi spazi al coperto, tra centri commerciali, mercati e dehors riscaldati per affrontare al calduccio l’inverno. Nel quartiere vecchio le bancarelle di natale vendono oggetti fatti in casa e prodotti locali.
Giro navale
Dal canale centrale fuori il Market Hall si può prendere una delle tante chiatte che fanno fare un giro navale della città. Solo così scoprirete la totalità di Göteborg, facendo attenzione ad abbassare bene la testa sotto qualche ponte.
L’effetto più sorprendente è quando la si rialza all’ultimo passaggio. Prima di entrare nel grande porto (il primo porto marittimo della regione scandinava) che si spalanca sulla costa.
E’ tutto così gigantesco che le enormi navi accanto alle gru sembrano piccole. Il ventre del cantiere navale sull’acqua fa davvero effetto. Si riesce quasi a capire come si dovrebbe procedere per rimorchiare la nostra tragica Concordia.
L’area di Lilla Bommen (punto di partenza per numerose crociere) è dominata dalla Goteborg-Utkiken, egocentrico edificio moderno rosso e bianco, opera dell’architetto Ralph Erskine, meglio noto tra gli abitanti, come il grande rossetto.
Proprio ai suoi piedi, è ancorata la Barken Viking, un veliero in acciaio a quattro alberi costruito nel 1906 da Burmeister & Wain. Il contrasto connessione tra classico e moderno è perfetto , come in tutta la città.
Tornato a terra, in serata ho cenato nell’elegante ristorante Hos Pelle. Intimo e ricercato. Un pasto di alta qualità. Cucina svedese tradizionale con un tocco moderno ed internazionale, utilizzando prodotti di stagione. Chef Pelle Danielsson, verrà al vostro tavolo per sincerarsi che sia tutto di vostro gradimento.
Al mattino successivo sono tornato al porto. Per fare una gita a Röda Sten e visitare il Röda Sten Modern Art Museum. Il piccolo tragitto merita per rivedere Göteborg dal mare.
Ma soprattutto perché si arriva proprio sotto il ponte Alvsborg, un piccolo e verde golden gate, tutto svedese, davvero suggestivo.
L’intera zona è di una pace e di una tranquillità che è facile comprendere come jogging, yoga e meditazione s’intreccino volentieri da queste parti. In un silenzio conturbante.
Fra le opere esposte al Röda Sten Konst Hall, devo essere franco (non essendo un amante di Biennali), mi ha colpito soprattutto l’ironica collezione di facce di Nabil Boutros, che ci lascia intuire quanto sia spontaneo (anche e soprattutto nell’ansia antiterrorismo islamico) essere traditi dalle apparenze.
Tradizioni natalizie
In ogni caso eccomi arrivato alla fine di questo splendido viaggio. Spero di avervi fatto scoprire una Svezia meno conosciuta e proprio per questo più affascinante. Non mi resta però che ricordare come proprio qui ora il mercatino di Natale di Liseberg. Il più grande della Scandinavia, oltre alle celebrazioni di Santa Lucia che rappresentano una delle tradizioni più antiche della Svezia.
Il 13 dicembre di ogni anno la Svezia festeggia Santa Lucia con canti, candele, luci e i tipici dolci allo zafferano “lussebullar”. L’incoronazione di Santa Lucia di Göteborg ha luogo il 6 dicembre ore 18 sulla piazza Götaplatsen a cui seguiranno concerti presso Vasakyrkan il 12 (ore 18.30) e il 13 (ore 18.30 e il 20.30). Concerti sono previsti in diverse altre chiese della città. Si possono anche vedere Santa Lucia e il suo corteo nel centro commerciale Nordstan il 24 novembre e il 1 dicembre alle ore 12.
Vi siete chiesti dove fossero riuniti i “grandi” del mondo per questo G20 russo?
Nella splendida cornice di Peterhof, la reggia estiva dello zar Pietro il Grande, il fondatore di San Pietroburgo.
Peterhof sorge sulle rive del Golfo di Finlandia, a circa 20 chilometri ad ovest da San Pietroburgo, comprende diversi e numerosi palazzi, si estende su di una superficie di 607 ettari ed è inserita nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità stilato dall’Unesco oltre ad essere una delle Sette meraviglie della Russia.
Se avete avuto la fortuna di visitare San Pietroburgo non vi sarà sfuggita l’eclettica eredità spirituale dello zar più visionario della storia russa. La scelta dell’umile e spartana abitazione (”la casetta”) mentre veniva edificata una città tanto fastosa ed elegante è un tratto famoso di Pietro il Grande.
Da far girar la testa
A Peterhof vi potrete subito ricredere. In dieci anni (tempi record per l’epoca) tra il 1714 e il 1724 le meraviglie architettoniche che poco avevano da invidiare a Versailles erano già pronte. Uno dei complessi di palazzi e fontane più sfarzosi d’Europa fu l’ennesima sfida di Pietro alla natura ostile del grande Nord.
A dirla tutta è persino troppo “carico”. I tre livelli del parco, il Gran Palazzo, le fontane (soprattutto la Grande Cascata) fanno quasi venire un giramento di testa. Oro e acqua, immersi nel verde, in uno scintillio costante.
In cerca di pace nelle casine di caccia
Se cercate la pace e l’estasi (che probabilmente inseguiva anche Pietro), vi conviene perdervi per i giardini laterali. Da una parte e dall’altra andando alla scoperta di fontane e piscine, boschetti e casine di caccia.
Come il Marly o Marly-le-Rois, il capanno di caccia del re di Francia, che ispirò Pietro durante le sue visite in Europa nel 1717. O il Montplaisir, progettato nel 1714 da Johann Braunstien, dove lo zar amava ricevere gli ospiti, molto meno sfarzoso del Gran Palazzo, che si affaccia direttamente sul Golfo di Finlandia.
Fra le siepi e le fontane, vi capiterà d’imbattervi, superando nugoli di turisti, in scoiattoli e spose, che vengono qui per immortalare il giorno delle nozze.
Occorre una giornata intera, ed una certa prestanza fisica, per ammirare tutte le fontane dei giardini. Ognuna con la sua storia, ognuna col suo significato. Adamo ed Eva, Nettuno, la fontane romane, quella piramidale, quella del sole.
A differenza di San Pietroburgo, durante la Seconda guerra mondiale Peterhof fu occupato dai soldati nazisti dal 1941 al 1944. Prima dell’occupazione si riuscì a sgombrare più di 8000 oggetti dell’arredamento dei palazzi e circa 50 statue, che vennero salvate mentre il complesso fu poi quasi completamente distrutto da bombardamenti degli stessi sovietici. Dopo la guerra incominciò la ricostruzione di Peterhof, che prosegue tuttora.
Non abbiate paura della metropolitana di Mosca
Recentemente tornata alla ribalta per un grave fatto di cronaca, è probabilmente il capolavoro urbano più impressionante della capitale russa. Un’opera d’arte funzionale che trasporta 9 milioni di passeggeri al giorno. Siamo scesi a visitarla per voi.
Mosca è una città da scoprire. Molti turisti la visitano rapidamente, per poi sentenziare soddisfatti che oltre alla piazza Rossa e al Cremlino, c’è poco o niente. Una sintesi molto superficiale. Perché oltre alle tante cose che ci sono da vedere in superficie, c’è soprattutto da scendere sotto, di qualche decina e decina (!) di metri, per incontrare uno dei suoi tesori più grandi: la metropolitana.
In questi giorni è tornata sulle prima pagine dei giornali per un episodio di violenza, una sparatoria con tanto di video, ma per essere onesti noi che l’abbiamo visitata in autunno, non abbiamo incontrato alcun problema.
Una fitta rete di salotti sotterranei dove il tempo sembra essersi fermato
Magari non è consigliabile per chi soffre di claustrofobia, piazzarsi sulle affollate scale mobili che scendono di tanti metri sotto il livello della città, ma bisogna anche ammettere che costoro si perderanno stazioni spettacolari, veri e propri salotti sotterranei.
La metropolitana di Mosca comprende 298,2 km di binari, 12 linee e 182 stazioni. Trasporta circa 9 milioni di passeggeri al giorno. Seconda solo a quella di Tokyo.
Il giro che di norma si consiglia è quello che parte dalla Komsomolskaya, per proseguire in senso antiorario percorrendo tutta la Linea dell’Anello, e scendendo ad ogni stazione per visitarle con cura.
L’aspetto che più colpisce della portentosa opera architettonica che si snoda sotto la città più trafficata del mondo, è lo spirito comunista e sovietico che ancora si respira qui sotto, rispetto ai grandi scenari ormai turistici (e in effetti zaristi) come il Cremlino.
Il progetto grandioso che muove la città nel sottosuolo
Magari vi colpiranno anche le contraddizioni estetiche, di questo straordinario progetto, che incarna tutta la grandezza del mito staliniano, dell’arte socialista, a metà tra opulenza simbolica e potenza a servizio del popolo.
Migliaia di persone lavorarono alla Metrostroy, giorno e notte, in condizioni spaventose. La prima linea venne aperta il 15 maggio 1935. Dalla stazione Sokol’niki alla stazione Park kultury con una diramazione per la Smolenskaja. Questa diramazione divenne la linea Arbatskaja, che nel 1937 giungeva fino alla stazione Kievskaja attraversando la Moscova su un ponte.
Nel 1938 la linea Arbatskaja fu prolungata, poi fu aperta la linea Gor’skogo-Zamoskvoreckaja. Quindi una terza espansione fu portata a termine durante la seconda guerra mondiale.
Infine dopo la guerra iniziò una quarta fase: la linea Kol’cevaja e la parte sotterranea della Arbatskaja, da Ploščad’ Revoljucii (piazza della Rivoluzione) a Kievskaja. La costruzione fu completata nel 1954.
Sicurezza e problemi…
Negli anni della guerra fredda furono aumentate le parti profonde della linea Arbatskaja. Le stazioni dovevano anche fungere da rifugi in caso di attacco atomico.
In realtà, l’espansione della gigantesca metropolitana, non è mai finita. Ancora oggi prosegue. Paradossalmente, da luogo di sicurezza del popolo e per il popolo, la metropolitana è diventato un obiettivo di attentati, come quello del 29 marzo 2010. Oltre ad essere appunto ritrovo per incontri non sempre tranquilli, ma questo accade in tutte le grandi città del mondo.
…di un luogo dal fascino indiscutibile
Il fascino però è indiscutibile. In nessun altro posto al mondo rimarrete tanto a vagare sottoterra per andare a caccia di stazioni uniche, ognuna con la propria storia e i propri dettagli.
C’è qualcosa di incredibilmente romantico, in questi vecchi treni che sfrecciano rumorosi fra annunci con voce maschile (per quelli diretti verso il centro cittadino) e con voce femminile (quelli che si allontanano verso le periferie).
Soffitti, luci, mosaici e busti, icone e simboli. Un tuffo in un passato drammatico che ha illuso generazioni, che resta incredibilmente immutato qui sotto, e per qualcuno diventa faticoso tornare in superficie.
Un’indimenticabile prima volta
Ecco il primo assaggio dell’incantevole Blog Tour in Repubblica Ceca. L’arrivo a Praga e le prime passeggiate. Un viaggio indimenticabile.
Devo ammettere che quasi mi vergognavo. Non ero ancora stato Praga. Assurdo. Così quando il Czech Tourism mi ha offerto la possibilità di partecipare al #CzechBlogTour non stavo più nella pelle.
La prima tappa non poteva essere quindi che Praga, una delle città più belle e famose del mondo, che già abbiamo incontrato spesso qui. Dedicheremo al Castello e al Ponte Carlo post speciali, per cui abbandoniamoci per ora alla suggestione dell’arrivo nella capitale ceca.
Una guida giovane e simpatica ha accompagnato il nostro piccolo e buffo gruppo (6 travelblogger da ogni parte del mondo: Spagna, Francia, Olanda, Russia, Brasile e Italia) per un non-standard tour della città. Avete mai visto la statua curiosa del Principe Venceslao nel Passaggio Lucerna?
Camminare per il centro Praga stordisce, per la bellezza e la ricchezza del patrimonio architettonico, artistico e culturale in cui vieni avvolto. Non a caso i nostri amici di @CzechTourism parlano di #LandofStories. In ogni angolo c’è un pezzo di Storia, in ogni scorcio un magnifico quadro.
Difficili ricordi
La Velvet Revolution (la Rivoluzione di Velluto) del 1989 che ha liberato i ciechi del regime comunista, ha restituito ai visitatori di tutto il mondo una città meravigliosamente conservata, che nemmeno la folla del turismo attuale riesce a scalfire.
Ci sono ricordi più faticosi da custodire, ma che proprio per questo colpiscono profondamente. Come l’enorme metronomo che oscilla sulla collina di Letná, edificato nel 1991. Che simboleggia il passare del tempo a Praga, proprio lì dove nel 1955 fu costruita una delle statue più grandi d’Europa che rappresentava Stalin davanti al “suo” popolo.
La grande statua fu distrutta nel ‘62, ma passò ancora tanto “tempo” compresa la tragica Primavera di Praga, prima che sbocciasse quel velluto rivoluzionario. Curioso come, oggi sia proprio difronte alla via più elegante e ricca della città.
Ma anche spingendosi più indietro nella Storia, non mancano i simboli del coraggioso e indipendente spirito ceco. Proprio come nella strepitosa piazza della Città Vecchia domina la statua di Jan Hus, teologo boemo, scomunicato nel 1411 dalla Chiesa cattolica e bruciato sul rogo.
Un vertiginoso valzer di incastri fatti per perdersi
E mentre tutti si affollano sotto l’orologio astronomico per scoprire i segreti dei quattro personaggi che fanno il proprio piccolo spettacolo rinomato in tutto il mondo, noi ci perdiamo volentieri di nuovo tra i vicoli, i cortili e qualche piccolo canale della Moldava. Per puntare ad una cena tipica in posto tradizionale come il Malyglen, annegando in fiumi di birra nazionale.
C’è qualcosa di magico e suadente in questo vertiginoso valzer d’incastri. Praga è fatta per perdersi. Quindi ritrovarsi d’un tratto davanti a qualcosa di conosciuto da sempre. Venire qui fa scoprire qualcosa dei misteri del grande Franz Kafka, la cui statua lascia comunque un po’ perplessi. Deve essere così…
Ma anche la Praga più nuova, quella che non ti aspetti, combina questi elementi di sottile turbamento. Si potrebbe esprimere qualcosa di diverso davanti all’ormai celebre Dancing House (Tančící dům)?
Così come non basta scoprire o riconoscere lo spontaneo John Lennon Wall, o l’inquietante uomo appeso, “l’intellettuale della fine del millennio”, in via Husova (sono tanti i posti strani a Praga).
La Notte
Quando cala la notte, poi, l’atmosfera prenda una piega perfino più maestosa. Segretamente misteriosa. E la città si ammanta di magia. Con un velo di giallo. Incredibilmente affascinante. Sarà che dormivamo nel vetusto Hotel Europa, quello di Mission Impossible per capirci. Buona insonnia, allora.
Da Praga ad Ostrava: un passaggio brusco dal fascino antico al sapore forte dell’industrializzazione
Ostrava, capoluogo della regione di Moravia-Slesia, famosa per le miniere di carbone nero, che ora rivivono trasformate. La terza città per grandezza della Repubblica Ceca dopo (Praga e Brno) è l’ex cuore d’acciaio della Repubblica durante il comunismo in Cecoslovacchia. Molte delle industrie pesanti oggigiorno sono state chiuse o trasformate in luoghi nuovi che conservano però le strutture imponenti di quei tempi.
Si potrebbe pensare ad una città oscura. Grigia. Deserta. L’estrazione e la lavorazione del carbone nero di alta qualità, lascia il segno, non ci sono dubbi. Eppure Ostrava è viva e creativa. Accesa di giovinezza e voglia di rinascere. Con tanta fantasia.
Michal e Vítkovice
La miniera Michal mischia il lavoro quotidiano dei minatori (dagli spogliatoi fino agli edifici minerari) con un tocco di curiosa vena artistica.
Dall’attrezzatura autentica, ai bagni, alla lampisteria, la sala registrazioni fino alle enormi macchine a vapore e le caldaie. Fa impressione rivivere quel clima, che nasconde anche un velo di nostalgia per un passato di grande importanza strategica.
La potenza industriale tramonta su questi grandi dinosauri meccanici, lucidi e ancora funzionanti. Per produrre soprattutto ricordi, testimonianze. Memoria.
Queste atmosfere di decadenza romantica, si respirano anche nell’altro grande sito che abbiamo visitato: Vítkovice che si trova proprio al centrodi Ostrava. Un vero e proprio castello d’acciaio.
Un’ambientazione che sembra un set di un film di fantascienza. Un labirinto di torri d’acciaio, tubazioni e tubi dalle forme più strane. Ruggine e rinnovamento. Un paradosso di grande effetto.
La parte inferiore di Vítkovice è un monumento culturale nazionale, parte del patrimonio culturale europeo, candidato per l’Unesco. Comprende l’ampia area industriale delle acciaierie di Vítkovice. Queste sono formate da tre blocchi, chiamate appunto anche “il Castello di Ostrava”.
Il complesso di Hlublina
Nella parte settentrionale si trova la miniera di Hlubina, collegata all’intero complesso, perché era la fonte del carbone necessario per gli altiforni. Gli altiforni, la cokeria e l’industria chimica sono collegati da nastri trasportatori, da impianti e ponti di trasporto. La parte centrale ospita la produzione meccanica, ancora in grado di funzionare; nella parte meridionale vale la pena di visitare il gruppo degli edifici industriali ed amministrativi.
All’interno di questo complesso, in modo giocoso, vengono esposti percorsi informativi, che non riguardano solo la produzione del ferro della zona. C’è il museo industriale ed il Mondo della tecnica, un originale luogo di divertimento ed istruzione.
Infine con un ascensore su un montacarichi a ponte, si viene trasportati fino all’ingresso dell’altoforno. Mentre nel centro direttivo vi era una grande sala teatro per eventi.
Pensate che in questo bizzarro scenario, tra l’apocalittico, l’industriale, ludico e il pedagogico, alcuni scelgono perfino di celebrarvi le nozze. Il #CzechBlogTour non finisce certo qui.
Olomouc: on the road Repubblica Ceca.
La Repubblica Ceca custodisce autentici tesori con stupefacente grazia. Dopo Ostrava, attraverso la Moravia, il nostro #Czechblogtour ci fa scoprire Olomouc, un gioiello maestoso e romantico. Una vera e propria scoperta. Cittadina meravigliosa, ricchissima di cosa da vedere.
Olomouc sorprende subito per la sua nobile eleganza. Ha origini antiche, con un forte romano fondato di età imperiale, il cui nome era Mons Julii. Confermato da recenti scavi archeologici. Leggenda e verità si mischiano fra le sue fontane barocche (ben 6!) che emulano le nostre di Roma.
Crocevia di lingue e culture
Ampie piazze e fontane (che non furono mai rimosse) perché ritenute una valida riserva d’acqua in caso di incendio. Una di esse, la più imponente, rappresenta addirittura Giulio Cesare, mitico fondatore della città. Le altre cinque sono appunto divinità romane come Giove, Mercurio, Poseidone ed il “piccolo” Tritone. Evidentemente non proprio conosciuto da queste parti…
Ma la latina Olomouc (Iuliomontium) è anche tedesca (Olmütz) soprattutto austriaca (con i suoi ring viennesi), quindi ungherese (Alamóc), slovacca (Olomúc) e ovviamente ceca. Una città universitaria. Giovane, brillante, colta. Verdissima.
È bagnata dal fiume Morava, che si può risalire agevolmente con affascinanti crociere di rafting gentile. Immersi nella pace e nella poesia di margini deliziosi. Guardate il nostro video. E godetevi lo spettacolo.
Fiore all’occhiello della città, è la splendida piazza principale, che non ha nulla da invidiare a quelle di Praga, circondata da storici edifici e impreziosita dalla sbalorditiva Colonna della Trinità, dichiarata dall’UNESCO, Patrimonio dell’Umanità. Alta circa 35 metri e costruita tra il 1716 ed il 1754.
Vista dall’alto
Per godere di una vista totale, sulla meravigliosa cittadina, ci si può arrampicare su una delle torri (la più famosa è quella del municipio, col suo notevole orologio astronomico) ma forse l’orizzonte è più completo da quella della chiesa parrocchiale San Maurizio appena fuori dalla piazza.
In cima la vista è mozzafiato. L’occhio si perde sulla città che si estende da ogni lato con armoniosa sovrapposizione di profili e tetti, creando quadri d’autore da ricordare.
La cattedrale di San Venceslao
A dominare però la città, c’è la cattedrale San Venceslao con la sua facciata a due campanili, parte inseparabile del panorama. Il campanile sud, il terzo, misura esattamente 102 m, è il campanile più alto di Morava (il secondo più alto nel Paese). La chiesa con tre navate viene dalla disposizione medievale originale.
La costruzione della cattedrale fu iniziata dal principe di Olomouc Svatopluk negli anni 1104–1107. Suo figlio Václav proseguì. L’edificio incompiuto fu consacrato nel 1131 e completato solo nel 1141. Dopo l’incendio nel 1265 la cattedrale fu completamente ricostruita in stile gotico.
Olomouc ha ospitato famosi personaggi, tra cui Freud, Nietzsche, Mahler (che ci abitò pure, lo si può osservare dalla targa accanto ad una bella finestra). Tutti si ritrovavano al Moravska restaurace, proprio come noi.
Lost in Repubblica Ceca
Il nostro viaggio prosegue attraverso le valli della Moravia e del distretto di Šumperk, nella regione di Olomouc. Fra castelli, formaggi e meravigliosi cervi.
Lost in Repubblica Ceca. Potrebbe essere un titolo per un viaggio davvero affascinante. E noi lo abbiamo vissuto. Sul serio. Così, dopo aver visitato Olomouc, ci siamo persi un po’ per le verdissime campagne della Moravia, indovinate per arrivare dove? A Loštice, appunto.
Olomoucke tvaruzky: il “Parmigiano Reggiano” locale
Qui abbiamo degustato e quindi visitato il magazzino e il museo del formaggio Olomoucke tvaruzky, che è un po’ il Parmigiano Reggiano della Repubblica Ceca.
Ci tengono molto infatti all’originalità e alla provenienza di questo formaggio. L’autentico Tvarůžky ha un gusto ed un’aroma inconfondibili. Leggermente piccante, con una lunga stagionatura, si menziona già nel 15° secolo.
Questo formaggio, che un processo del tutto naturale, si guadagna l’inimitabile sapore grazie alle condizioni climatiche e geologiche della zona geografica di Hana. Un ruolo importante è giocato dalle piogge della zona e dall’acqua del sottosuolo.
Andar per castelli
Saturi e leggermente “stagionati” anche noi, ci siamo rituffati nelle valli ceche, dove all’orizzonte capita spesso di notare maestosi castelli, come questo che vedete spuntare in foto qui.
Questo castello privato è stato adoperato per un film di produzione italiana. Vediamo se siete appassionati ed attenti cinefili. Di quale film si tratta?
A a Nove Hrady la “Versailles della Repubblica Ceca”
Il nostro CzechBlogTour #LandofStories si è trasferito quindi a Nove Hrady, per visitare un altro château: Una grande villa in stile rococò, davvero notevole.
Costruita tra il 1774 e il 1777 dal Conte Jean-Antoin Harbuval de Chamaré nello stile francese delle residenze estive, viene qui spesso indicata come la “Piccola Schönbrunn” o la “Versailles della Repubblica Ceca”. La proprietà comprende un lussuoso viale d’ingresso ed un giardino alla francese con edifici amministrativi, un granaio, un museo della bicicletta, ed un parco inglese che porta ai resti del castello gotico originale. Al suo interno regali stanze ospitano celebrazioni, conferenze ed eventi. Ed è facile perdersi anche qui, tra camere, salotti, piccole cappelle e grandi sale.
Ma è sicuramente fuori, dove si può perdere l’orientamento più facilmente. Un labirinto di siepi piuttosto difficile da risolvere (Zámecký Labyrint) porta alla sorpresa finale. Una statua semisepolta di Stalin con tanto di bambino nei campi. Il Grande Fratello del terrore. Un classico della simbologia sovietica che da queste parti viene ricordata quale inquietante presenza di un tragico passato.
Uscendo dal parco, infine, non si può rimanere qualche minuto di troppo a fissare i silenziosi cervi che popolano questo immenso giardino. Nobili animali di un eleganza unica.
Seguite il nostro viaggio attraverso la bellezza del Grande Nord. Un’esperienza unica sull’arcipelago finlandese. Un’autentica evasione nella pace, nel silenzio e nel frizzante clima del mar Baltico.
La Finlandia è una terra che affascina, solo pronunciandola. Quando ho scoperto la proposta di VisitFinland per il blogtrip2013 estivo, sono subito saltato a bordo. E’ stato un vero onore rappresentare l’Italia e Travelblog.Outdoors in Archipelago: Kimitoph2
Fra le varie opzioni, ho scelto Outdoors in Archipelago, perché desideravo conoscere da vicino la mistica separazione dall’Europa convulsa e agitata dell’estate per perdermi fra le mille isole dell’immenso arcipelago finlandese.
Per cominciare il tour di #VisitFinland, dopo essere atterrato ad Helsinki, ho dovuto prendere una serie di pullman per raggiungere l’isola di Kimito ad est del paese, nella regione del Varsinais-Suomi. In effetti per muoversi in Finlandia, l’ideale resta la macchina.
Sistemato nella deliziosa casa-laboratorio (ceramiche) di Ceracon, accolto dalla squisita Britt-Marie, ho cominciato a muovermi nei dintorni, in bicicletta e in barca. In mezzo ad una natura incontaminata.
Paesaggi sospesi verde-azzurro
Il silenzio e la solitudine che ti circondano diventano subito compagni di viaggio su questi panorami perfetti, dove cielo, acqua ed alberi sembrano incorniciare l’orizzonte.
Qui a Taalintehdas (Dalsbruk in svedese) ci si può addentrare in un meraviglioso paesaggio sospeso sull’acqua. Un sentiero che attraversa la laguna grazie a lungo ponticello di legno permette di camminare realmente sullo specchio d’acqua e fitta vegetazione.
La Finlandia è verde e azzurra. Soprattutto in questa stagione. La temperatura invita a rimanere fuori tutto il giorno, fino a tarda sera, con la luce del sole che si placa solo intorno alle dieci e mezza.
Il tramonto colora i confini confusi, mentre le barche a vela nei piccoli porti fanno suonare gentilmente le proprie campane al vento leggero. Il desiderio di avventurarsi fuori, fra le mille isole cresce come la marea.
In mare
Un semplice gozzo a remi è l’ideale appagare questo sogno. Ed è semplicemente meraviglioso uscire in mare per scegliere il proprio isolotto preferito, ovviamente disabitato, per sentirsi novelli Robinson Crusoe e darsi ad una timida pesca nella pace di una scogliera solitaria.
Ovviamente occorre pazienza e determinazione per prendere qualcosa. Ma non dispero. In paese c’è un ottimo mercato del pesce. Con salmone già marinato. La vera fatica è abbandonare la propria isola, adagiata sul mare che scintilla. Dove vorresti restare a vivere per un po’…
Le nuvole basse sembrano ricamare le ombre bianche dell’arcipelago, che invita a giocare con ogni profilo, indovinando le case sperdute sulle terre emerse, o in mezzo al bosco, nascoste in questo remoto paradiso naturale del nord.
Gita al faro
Per chi ama i fari, è una tappa fondamentale nell’Europa del Nord. Bengtskär nel Golfo della Finlandia, distante circa 25 km da Hanko e situata sulla punta dell’arcipelago sud-occidentale finlandese.
Del mio splendido tour in Finlandia, è una delle giornate che ricordo con più nostalgia. La gita al faro di Bengtskär, partendo da Kasnäs e passando per Rosala, è stata sicuramente una delle esperienze più gratificanti del viaggio.
Bengtskär si trova sulla piccola isola (più uno scoglio che un’isola) rocciosa omonima appartenente al comune di Dragsfjärd. Tra le più meridionali delle isole finlandesi. Per raggiungerlo ci vuole un po’ a bordo di un battello.
Il faro spunta subito all’orizzonte, ma sembra che non si arrivi mai. Anche perché occorre esperienza per navigare nell’Archipelago. Le rocce affiorano ovunque, in un panorama davvero incredibile.
Cenni storici e curiosità
Bengtskär ha una storia relativamente “recente”, ma importante. Nel 1906 si decise di costruire un faro che fosse d’aiuto appunto alle navi nelle acque dell’arcipelago. 52 m di altezza, il faro più alto dell’intera Fennoscandia.
La costruzione è una vera impresa, riuscita grazie ad un gruppo di volenterosi abitanti della zona che utilizzano il granito dell’isola, tagliando gli enormi blocchi direttamente sul posto e vivendo lì, sullo scoglio aguzzo.
Ovviamente il faro viene “preso di mira” dalle forze nemiche. Durante la prima guerra mondiale viene bombardato dalla flotta dell’impero Germanico che vuole costringere le navi russe, che presidiavano la zona, ad un combattimento in mare aperto, mai avvenuto.
Il periodo tra le due guerre è quindi il più florido per la vita del faro, con ben cinque sono le famiglie che abitano l’isolotto, per un totale di 21 figli e perfino una maestra per l’istruzione. Luce alimentata a petrolio, portato in cima ai 252 scalini a forza di braccia. Oggi tutto è visitabile nei piani interni.
Salendo la scala a chiocciola, si raggiunge la sommità. Dove un tempo un corno di ben 7 metri di lunghezza, funzionante a vapore, produceva la luce ed un suono fragoroso udibile ad oltre 40 km di distanza. Ora sono le due lampade a riflettere il grosso fanale girevole.
Il faro è stato poi gravemente danneggiato durante la guerra di continuazione combattuta dalla Finlandia contro l’Armata Rossa dal 1941 al 1944. Ma dopo un’opera di restauro, il faro è stato aperto al pubblico nel 1996 per i 90 anni della sua esistenza.
I sovietici tentano di conquistare l’isola cannoneggiandola e accerchiandola. Ma i finlandesi resistono e le unità sovietiche si ritirano.
Poetiche leggende locali
Ci si poteva dormire fino a poco tempo fa, ma comunque si celebrano matrimoni, ed una vera tappa turistica molto frequentata.
Il nome dell’isola prende il nome da tale Bengt, di cui si narra che sia naufragato nell’isola, e successivamente derubato e ucciso dagli abitanti dell’isola stessa. Il faro conserva un fascino oscuro assolutamente unico. Per veri poeti.
Al rientro, poi ci si gode il ritorno accogliente fra le casette stile plastico, che galleggiano quasi, sulle acque sempre più calme dell’Archipelago. Ah, c’è anche la pagina Facebook del faro. #VisitFinland non finisce di stupire.
Come vi avevamo promesso torniamo dall’Olanda e dal #tuliptour carichi di immagini e ricordi indelebili. Ad Amsterdam, abbiamo cominciato il nostro “safari floreale”, alla scoperta dei tanti luoghi che sbocciano letteralmente in questo periodo dell’anno.
Zoo Artis
#Olandainfiore è cominciata a Welgelegen, all’interno di quella che una volta era la casa del custode dello Zoo Artis con una passeggiata tra i suoi fiori e con un’introduzione del Prof. Ed de Jong.
Il professore ci ha spiegato come lo sforzo, per l’occasione dei 175 anni dello zoo, sia quello di proporre centinaia di migliaia di bulbi in tutto il parco, senza che si elimini quel clima di autentica natura che lo contraddistingue. Davvero affascinanti le serre dove fiori, piante e animali esotici convivono liberamente e dove, accanto ad un iguana marmorea, abbiamo salutato una scimmia pigmea, la più piccola del mondo.
La cerchia di canali
In battello poi, lungo la cerchia dei canali di Amsterdam, patrimonio mondiale dell’Unesco e di tutti i romantici, abbiamo seguito un percorso per conoscere le informazioni sullo sviluppo e il passaggio dei tulipani. Anche alle banchine, erano proprio loro a darci il benvenuto.
L’Orto Botanico di Amsterdam: un safari floreale tra pane e tulipani
Tappa davvero interessante della giornata è stata infine quella all’Orto Botanico di Amsterdam (Dehortus.nl), uno dei più antichi orti botanici al mondo. Istituito nel 1638, venne trasferito nel 1682, nella sua attuale collocazione. A guidarci la gentilissima Hanneke Schreiber, responsabile del giardino e della collezione.
L’inverno rigido, è stato lungo e duro, solo ora escono allo scoperto i primi fiori, e primi tulipani. Un po’ ritardo rispetto alla media stagionale, ma proprio per questo ancora più desiderati.
La cena presso il biologico ristorante As, situato all’interno di quella che una volta era la cappella di Sint Nicolaas, ci ha permesso poi di conoscere personalmente un modo tutto olandese di assaporare un particolare tipo di fiori che conosciamo bene: i fiori di zucca.
Keukenhof regno dei fiori
Eccoci al Keukenhof, il parco botanico più grande e più famoso del mondo. Per chi ama la natura ed i fiori (e soprattutto i tulipani) c’è il rischio di rimanere storditi. “Sfogliate” con cautela…
Dopo Amsterdam, saltiamo qualche tappa (di cui parleremo, non vi preoccupate) del nostro #Olandainfiore, per regalarvi subito questa esplosione di fiori. Siamo al Keukenhof. Basterebbe fermarsi qui, e cominciare a guardare le foto, magari annusarle. Si può?
Nei pressi della città di Lisse, nell’Olanda Meridionale, circa 35 km a sud-ovest di Amsterdam, in mezzo ad immensi campi-tappeto di narcisi, giacinti e naturalmente tulipani, sorge questo parco incredibile.
Un po’ di storia
Nel XV secolo ci si andava a caccia. Qui venivano raccolte le erbe aromatiche per la cucina del castello di Jacoba van Beieren, da cui il nome Keukenhof: letteralmente “orto della cucina”. L’attuale parco botanico faceva parte della vasta proprietà terriera del Castello di Teylingen.
Dopo la morte di Jacoba van Beieren, Keukenhof venne comprato da ricche famiglie di mercanti. Il barone e la baronessa Van Pallandt incaricarono gli architetti paesaggisti J.D. e L.P. Zocher (gli autori del Vondelpark, parco pubblico nel centro di Amsterdam) di progettare l’intero giardino che circonda il castello, in stile inglese. Ed ancora oggi, su quella struttura si sviluppa Keukenhof.
La tenuta è ora gestita da una fondazione. Il parco si estende su 32 ettari e comprende 15 km di sentieri. Come potete vedere, è un vero e proprio tripudio di tulipani e giacinti e narcisi in fiore, e di tante altre bulbose. Azalee e orchidee comprese, dai colori incredibili, coltivate nelle gigantesche serre.
Mentre noi passeggiamo beati stanno fiorendo in una volta sola più di 7 milioni di bulbi. Ci sono ben 30 esposizioni floreali, 7 sorprendenti giardini d’ispirazione e 100 meravigliose opere d’arte.
L’effetto è talmente impressionante, che si rischia di rimanere quasi storditi. Una sorta di sindrome floreale. La vivacità dei colori e la reale potenza del profumo della stupefacente capacità della natura di sedurre fa perdere i sensi. La cosa più incredibile, poi, e che all’orizzonte ci sono i campi di fiori a perdita d’occhio. Insomma un sogno ad occhi aperti. Coloratissimo. Il #tuliptour.
FloraHolland: la borsa dei fiori
Abbiamo fatto passare un po’ di giorni, prima di riprendere il nostro viaggio tra i fiori olandesi. Eccoci dunque nell’incredibile FloraHolland. L’asta floreale di Naaldwijk, a pochi chilometri da Amsterdam. FloraHolland è una cooperativa, figlia di una grande fusione tra produttori di piante e fiori olandesi.
Immensa per estensione e copertura con oltre due milioni di metri quadri di installazioni. Al suo interno si svolgono più del 90% dei commerci olandesi di fiori con tutto il mondo. Con 6 succursali, circa 40 aste-orologio ed agenzie nazionali con più di 6000 persone tra dipendenti e collaboratori.
La Wall Street degli steli
Per visitarla nel momento giusto, bisogna alzarsi presto ed entrare insieme ai “mercanti” delle aste. Sembra di essere a Wall-Street, giuro, ma in palio non ci sono titoli e azioni, solo migliaia e migliaia di partite di fiori.
FloraHolland lavora basandosi su domanda ed offerta. Alle sei si apre l’asta. Ogni giorno migliaia di compratori presenti nelle sale dedicate possono valutare i diversi lotti che sfilano e ricavano le informazioni necessarie da uno schermo gigante che ne descrive nome, provenienza, produttore, prezzo di partenza.
In poche ore milioni di fiori e piante entrano in decine di migliaia di transazioni (115000 al giorno), un giro d’affari di quattro milioni di euro all’anno. Quando un compratore effettua il suo acquisto, la partita di merce acquistata, viene portata, mediante servizio di trasporto interno, generalmente entro 1 ora, nello spazio che la fiera riserva ad ogni singolo compratore.
Intorno a noi infatti, il “traffico dei fiori” è impressionante. Mi chiedo come non ci siano ogni giorno, una serie di incidenti stradali con relativi cid da compilare…
Avete mai pensato di andare al mare… in Giappone? L’arcipelago nipponico offre un incredibile ventaglio d’isole incontaminate con spiagge incredibili. Vi racconto la mia esperienza a sud di Okinawa.
Verso Sud
Quando si pensa al Giappone, è strano, ma non viene subito in mente il mare o una spiaggia. Eppure stiamo parlando di un arcipelago fra i più ricchi di isole del mondo. Il fatto è che se non si ha il coraggio di avventurarsi a sud, in mezzo al Pacifico, si rischia di non scoprirlo.
Ne avevamo già parlato qualche tempo fa. Ma oltre ad indicare le bellissime foto del web, è giusto che io racconti una parte del mio viaggio di tre anni fa in Giappone, in cui proprio mi spinsi oltre Okinawa. Isola famosa per la guerra nippo-americana, ma piuttosto bruttina, per essere in un tale paradiso naturale. Visualizzazione ingrandita della mappa
Fuori dal mondo tra Pace & Oceano
Se prendete un traghetto (perché non avete troppo tempo) proprio da Okinawa, vi godrete una meravigliosa gita in mezzo alle isole (jima, come si dice in giapponese). Puntate a sud ovest, le più vicine sono Kerama, Tokashiki, Zamami e Aka. Per Kume serve più tempo. O un piccolo volo.
Il mio consiglio, anche se non è facile farlo da qui, è di prenotarvi anche un paio di notti. Io ho dormito ad Aka Jima, in una piccola camera di appartamento trasformato in b&b. Riconosco che bisogna essere molto adattabili. I giapponesi sono un popolo meraviglioso, ma non offrono alcun comfort occidentale da queste parti. A fatica due parole in inglese.
Eppure l’esperienza è stata incredibile. Pace e Oceano. Sei fuori dal mondo. Sperduto nel Pacifico, con spiagge candide si sabbia bianca ed un mare caldo che non ha nulla da invidiare a quello hawaiano (più freddo) o della Polinesia, tutto solo per te.
Comfort spartano e scenari indimenticabili
Già perché altra peculiarità del Giappone, è che i nativi non vivono (o sfruttano) il mare come faremo noi. Non esistono praticamente stabilimenti, se non qualcuno sporadico e poco frequentato (per lo più da occidentali).
Forse molti turisti non gradiscono questa mediocre offerta di sistemazioni ed esercizi balneari (i giapponesi non sanno nemmeno cosa sia un ristorante sul mare o una doccia). Ma per i viaggiatori invece sono sicuro che proprio questo aspetto sia qualcosa di speciale. Per non parlare dei tramonti e delle nuvole. Che non ho mai dimenticato.
A dirla tutta io sono arrivato un po’ in ritardo. Ma ho fatto a tempo a raggiungere il gruppo al Mac***Bun, la prima ed unica agrihamburgeria slowfastfood, il progetto gustosissimo di un’azienda agricola che da tre generazioni produce carne, con una particolare attenzione al manzo di razza Piemontese, certificato dal consorzio Coalvi.
Alla scoperta della decima musa nel Museo del Cinema della Mole Antonelliana
Al Museo del Cinema, nella meravigliosa Mole Antonelliana, ci siamo dispersi alla scoperta della storia e dei labirinti della decima musa. Un viaggio magico per viaggiatori con la fantasia in valigia.
L’ascensore che vola attraverso l’enorme volta piramidale del monumento simbolo di Torino è il vero effetto speciale del posto. Dalla cima il panorama sulla città è mozzafiato. Anche di notte.
Ritmi struggenti al Torino Jazz Festival & cicloturismo verso Stupinigi
Si torna bruscamente a terra per ballare al ritmo frentico del Torino Jazz Festival. E quale posto migliore può esistere rispetto al Jazz Club Torino?
Ma è la mattina di domenica che probabilmente viviamo l’esperienza più indimenticabile, in tutti i sensi, del tour. Di buon’ora inforchiamo le bici, anzi le royal e-bike (biciclette elettriche a pedalata assistita) per raggiungere la splendida Palazzina di Caccia di Stupinigi. Faremo più di 30 km tra andata e ritorno, lungo le piste ciclabili attraversando luoghi famosi e meno noti con le guide ciclo-turistiche.
L’andata è incantevole (qui c’è il video di Sphimm’s Trip). Passando per il grande parco del Valentino, costeggiando il Po, in mezzo al verde e alla primavera, e poi in mezzo ai campi con il castello di Moncalieri sullo sfondo, fino ad infilare il cannocchiale unico che porta a Stupinigi.
La visita alla Palazzina di Caccia è bella e interessante. Peccato che non ci sia stato permesso fotografare gli interni (probabilmente a causa dei furti di cui è stata vittima la palazzina). Dopo un gustoso pic-nic organizzato dalle food blogger CucinaNonnaPapera e IlGattoGhiotto, possiamo rimetterci in sella. Ma Giove Pluvio si ricorda della pioggia promessa e ci rovescia addosso una bella doccia ricordo.
Per fortuna i travel blogger hanno le spalle larghe e gli impermeabili stretti. Così si ride e si scherza anche nel fango. E il grande gruppo torna a casa, ognuno per la sua strada, con un po’ di Torino nel cuore. Grazie ancora quindi a Silvia Lanza di Turismo Torino e Marco Allegri di NonSoloTuristi.