Argentina e Terra del Fuoco: la fine del mondo comincia ora

Argentina-Terra-del-Fuoco_RondoneRE’ già il momento di preparare i grandi viaggi della nostra stagione invernale. Il primo posto che mi viene in mente, se volete rovesciare il mappamondo, è l’Argentina (e la Terra del Fuoco). Forse siamo perfino in ritardo per le offerte migliori in fatto soprattutto di voli.

Per quanto riguarda il tempo, invece, da Novembre a Febbraio, durante l’estate del Tropico del Capricorno, il Grande Sud apre alla sua stagione ideale per essere visitato.

Se a Buenos Aires incontrerete il caldo, nella Terra del Fuoco e in Patagonia, avrete il tempo perfetto, ma soprattutto le porte aperte per le vostre gite. Usando bene il calendario potete evitare il ricatto natalizio o dell’ultimo dell’anno, e potrete muovervi anche con migliore agilità. Io sono partito lo scorso gennaio, quando le feste comandate erano ormai terminate.

Un po’ di Buenos Aires e poi dritti verso Usuhaia

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Arrivati a Buenos Aires (diretto Alitalia da Roma ad un prezzo imbattibile perché acchiappato a settembre) siamo rimasti qualche giorno per riprenderci e farci un’idea della capitale e della sua magica atmosfera (farò un post a parte), quindi abbiamo preso un volo interno, della Lan, comprato proprio in questo periodo dall’Italia (quindi mesi prima. Attenzione, perché siamo per loro in altissima stagione e c’è molta meno crisi di quello che possiate immaginare) per Usuhaia.

Quando si hanno poco più di dieci giorni da spendere per un trip del genere, il vero problema è scegliere cosa riuscire a vedere e cosa sacrificare, considerando l’incredibile offerta argentina (e cilena) da quelle parti remote.

Sulla rotta dei pinguini

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Avevo optato per Usuhaia perché volevo passare nella città alla Fin du Mundo, dove si mangia il meraviglioso granchio al vapore (Centolla). Così da lì ci siamo imbarcati per una classica gita nel Canale di Beagle e alle isole limitrofe (Pinguinera) per vedere i pinguini da vicino. Se ne scorge pure uno imperatore!

Abbiamo sacrificato la Penisola di Valdéz, anche perché non era esattamente quello (Gennaio) periodo di passaggio di balene. Così invece ecco un giro classico nel Parco Nazionale Tierra del Fuego ricordandoci di far timbrare il passaporto da un vecchio Cartero su un pontile (una mezza turistata, ma molto scenografica; del resto ogni cosa che vi viene offerta da quelle parti, ha la dicitura “Fine del Mondo”, dal trenino alla bottiglia di vino).

La Patagonia: poesia e libertà per chiudere il giro

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Poi ecco un altro volo interno (molto più corto), direzione Patagonia, con tappa a El Calafate per puntare alla vera meta che avevo nel cuore e nel cervello da anni: Il Perito Moreno (anche lui meriterà un post speciale).

Tale e la mole di splendore naturale da assaggiare anche per pochi giorni, che siamo rimasti quattro notti. Oltre ai parchi nazionali dei ghiacciai (non c’è infatti solo il Perito da visitare) abbiamo deciso di fare una follia tipicamente chatwiniana e siamo saltati dentro una macchina a nolo per sciropparci la nostra manciata di chilometri (circa 450 tra andata e ritorno) sulle strade senza fine della Patagonia, con particolare poesia rullante e solitaria sulla Ruta 40 (ormai però asfaltata in quel tratto) in mezzo ai cartelli del vento e al desiderio di libertà.

La tappa? Le cime del Fitz Roy e del Chierro Torre, l’una accanto all’altra in una nitida quanto rara giornata senza nuvole (perché ognuno ha il clima che si merita), nel magnifico scenario surreale di El Chaltén. Gli spazi e gli orizzonti sono ricordi indelebili nella mia memoria di viaggiatore.

Il ritorno a Buenos Aires completa questa piccola, meravigliosa avventura, che non posso fare a meno di consigliare a tutti. L’Argentina merita senz’altro molto più tempo, e se non ci si può rimanere 3 mesi, meglio spezzettare i viaggi. Ci tornerò sicuramente, e non escludo di tornare anche in Patagonia, dove ho lasciato un altro pezzo di cuore, ormai sparpagliato in giro per mezzo mondo.

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Foto © By Rondone

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